Lo sguardo di Anne-Cl. de Grolée (…) indaga il paesaggio siciliano nella sua irrisolta sintesi di caos e di memoria: tre installazioni presentate in rapida successione, inanellate come un itinerario insieme percettivo e simbolico che muove dalla frammentazione per giungere al recupero di forme archetipe conciliatrici. Nella prima installazione, la linea del mare e dell’orizzonte, gli scheletri di edifici incompiuti, le carcasse d’auto e i pali della luce formano un puzzle di geometrie impazzite attraverso frammenti fotografici incollati alle facce dei cubi di legno. Nella seconda, la creta spaccata da cui si erge una foresta di sagome di torri in zinco era l’immagine della violenza, della sterilità e di una desolazione senza appello. Ne “Le mie capanne” al contrario, la sagoma moltiplicata delle cupole di San Giovanni degli Eremiti diviene un morbido archetipo femminile, l’emblema di una condizione naturale sottolineata anche dal color terra che riveste i profili in legno come una materia prima e ancestrale.
Sergio Troisi, in La Repubblica, aprile 2004.
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C’è un filo sottile che lega lo sguardo di A.C. de Grolée ed il territorio siciliano, un territorio da lei raggiunto, percorso, osservato ed infine rappresentato con animo impietoso e compassionevole al contempo: un urlo sussurrato che pervade le sue opere, in cui all’immagine drammatica della deturpazione dei luoghi, violati da un’ossessiva bramosia di costruzione, innalzando opere dedicate a nuove e malefiche divinità, si contrappone un linguaggio impalpabile come borotalco, gioioso come un gioco di bimba, leggero come un passo di danza, che traccia, muovendosi sulle punte, sottili traiettorie nello spazio della raffigurazione, in un continuo gioco di connessioni tra elementi anche distanti tra loro, creando un ritmo sincopato che provoca sospensione, rallentamento del pensiero, attesa.
Cinzia Ferrara, in catalogo della mostra Installazioni, Galleria Nuvole, Palermo, aprile 2004.