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Ph. Raphael Chippault

Ph. Raphael Chippault

Ph. Giulio Azzarello

Le installazioni di Anne-Clémence de Grolée parlano di un paesaggio urbano disseminato di ruderi e palazzi incompiuti. Aldilà dei problemi politici o sociali che questo dato di fatto traduce, tentano di rappresentare l’onnipresenza di un vuoto da dove emerge tuttavia una crescita per difetto, che poggia sull’instabilità e la disgregazione.

Olivier Grasser, in dépliant della mostra Illuminazione, Maison de la Culture d’Amiens, dicembre 2005.

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L’artista francese Anne-Clémence de Grolée racconta la Sicilia, terra d’adozione ormai da dieci anni, e, giocando con il tema della città-cantiere aperto, riflette sull’irrazionalità di un abusivismo edilizio dilagante. Ironizza e denuncia per spingere, attraverso l’immediata verità delle sue immagini, ad allungare lo sguardo verso l’orizzonte e svelare con drammatica ironia il non-senso di un paesaggio frammentato. La ricerca parte dall’osservazione fotografica della costa, la cui fruizione appare disturbata da ostacoli visivi: scheletri di case incompiute, auto bruciate, cumuli di spazzatura. Attraverso le sue opere costruisce una silenziosa ed esplicita protesta contro le fredde sagome in cemento che ingabbiano cielo e mare.
Le foto che compongono la striscia d’orizzonte dell’installazione Lungomare (2005) sono state scattate dieci anni fa, quando de Grolée è arrivata in Sicilia, e ne trasmettono ancora la limpidezza dello sguardo. Col tempo la riflessione sul lungomare è cresciuta e, la titanica lotta tra mare e cemento ha offerto nuovi spunti di riflessone. Nell’installazione del 2005 sovrappone alla vecchia linea d’orizzonte, una serie di immagini che definisce “foto ostacoli”: ostacoli alla contemplazione della bellezza dove l’azzurro del mare appare volutamente intenso rispetto al bianco e nero del paesaggio circostante. Dalla riflessione sulla costa è passata ad indagare gli spazi urbani. (…). La crescita improvvisa dei nuclei cittadini ha stimolato nuove sperimentazioni artistiche basate sul movimento ed il gioco di costruzione. In opere come Mobile City I e II il tema della città ed il suo irrazionale sviluppo edilizio acquistano un peso determinante. Nell’azione Mobile City I, l’artista costruisce una città in miniatura composta da una serie di lastre di zinco sabbiato che estrae da una valigia d’alluminio: una città standard, prefabbricata, chiara provocazione all’edilizia arbitraria, ai nuclei urbani che sorgono in brevissimo tempo sconvolgendo il paesaggio preesistente. L’aspetto ludico della città come oggetto da valigia, come gioco di costruzione, addolcisce la durezza del messaggio insito nell’opera, ma ne restituisce integra l’intensità.
Il gioco da costruzione diventa un nuovo strumento di ricerca per de Grolée che, lasciando intenzionalmente incompiuti i suoi plastici in miniatura, spinge a prendere parte alla costruzione della sua città-giocattolo, sollecitando l’idea della corresponsabilità. In Mobile City II dispone un modellino su un tavolo da architetto: un grande quartiere incompiuto dove cilindretti in legno tornito costituiscono le impalcature di questo cantiere aperto, popolato da frammenti di pareti in lego e da una costellazione di piccole antenne paraboliche in alluminio dipinto di bianco. Tra gli elementi di costruzione di questa città-impalcatura spiccano azzurre cisterne in miniatura, presenza costante nel paesaggio edilizio siciliano ma inconsueto per un occhio straniero, come fa notare la stessa de Grolée.
Italo Calvino nel suo libro Le città invisibili descrive le impalcature, le armature metalliche e i ponti di legno che ingabbiano la città di Tecla, condannata ad una costruzione senza sosta perché non cominci la sua distruzione (Italo Calvino, Le città invisibili, Mondadori editore, Milano 1993, p. 128).
La crisi della città che cresce informe e ripetitiva su se stessa è l’altra faccia della distruzione dell’ambiente, tematica su cui de Grolée insiste. L’indagine su un tessuto urbano opprimente e tentacolare diventa oggetto di studio dei fotomontaggi che l’artista realizza negli ultimi anni, dove scheletri di case incompiute si intrecciano con ruderi e con la soffocante struttura del Ficus magnolioides, i cui rami-radici crescono mostruosamente nel terreno intorno.
L’ossessione della ripetizione si concretizza nelle villette a schiera dei villaggi turistici, dove la monotonia del modulo sovrasta la bellezza del paesaggio. Nello studio-laboratorio di Anne-Clémence de Grolée, tante villette riprodotte in cartone si espandono simmetriche attorno al Mar Mediterraneo: una grande chiazza di plastilina azzurra su un telone trasparente.
La riflessione sull’edilizia arbitraria si apre al Mediterraneo offrendo nuove problematiche e spunti di ricerca. A partire dal pensiero pasoliniano Anne-Clémence de Grolée continua a meditare sulla triste convivenza tra progresso e regresso.

Giulia Ingarao, Le Città arbitrarie di Anne-Clémence de Grolée in Mezzocielo, dicembre 2006.

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Intervista per Balloonproject, a cura di Cristina Costanzo | Leggi